Il 18 dicembre si celebra la Giornata Internazionale del Migrante, proclamata dallAssemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2000 per celebrare ladozione della Convenzione Internazionale sulla Protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, che invita al rispetto dei diritti umani dei migranti e alladozione di standard lavorativi internazionali. Oltre 200 milioni di persone nel mondo vivono fuori dal Paese in cui sono nate. Di queste, quasi 10 milioni sono richiedenti asilo e rifugiati che hanno dovuto abbandonare il proprio Paese di origine per sfuggire a guerre, povertà, persecuzioni, torture e altre gravi violazioni dei diritti umani.
Un testo composto di 93 articoli dove la distinzione fra lavoratori regolari e irregolari viene meno al fine del godimento del diritti sociali e individuali ed anzi si prevede che vengano estesi ai membri delle famiglie.
Si ribadisce la lotta senza quartiere allo sfruttamento e alle discriminazioni e si chiede il pieno riconoscimento - ad esempio - della libertà di religione ed espressione. Questi per grandi linee i contenuti di una Convenzione ancora attualissima nei valori affermati e nell'idea di società aperta, inclusiva e plurale che delinea.
Un testo che riprende e attualizza molte delle precedenti Convenzioni internazionali a difesa dei diritti umani e dei lavoratori migranti e non, ma che resta incredibilmente ancora oggi firmato e ratificato solo da pochi Stati prevalentemente del Sud del mondo con l'assenza dell'Europa, Italia compresa.
Firmare la Convenzione significherebbe invece dare sostegno a una battaglia di carattere culturale e riportare al centro della discussione economica il grande tema rappresentato dagli oltre 232 milioni di migranti nel mondo - 3% della popolazione mondiale - una stima per difetto ma che ci lascia capire quanto il tema sia rilevante. A maggior ragione se si pensa che l'aumento delle migrazioni ha come fattori scatenanti quello demografico e l'instabilità politica ed economica; il primo in particolare è un fattore che prevedibilmente continuerà ad avere una incidenza sempre crescente, come dimostrano i più recenti studi demografici condotti sul Continente africano, per citare quello a noi più vicino.
Uno scenario globale, quello che abbiamo di fronte, che richiede una forte presa di coscienza per poter affrontare questi processi già oggi in termini positivi di crescita sociale ed economica comune.