FONDAZIONE MIGRANTES
ORGANISMO PASTORALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Fondazione Migrantes: Rapporto Asilo, dal mondo con lo sguardo rivolto all’Europa

2021-2022: aumentano le persone in fuga, tra pandemia, conflitti e crisi climatica – Nel 2022, un anno segnato da nuovi e vecchi conflitti, ancora una volta dalla pandemia di COVID-19 e dal cambiamento climatico, il numero di persone in fuga ha superato la soglia dei 100 milioni in tutto il mondo. Oltre il 70% di […]
13 Dicembre 2022

2021-2022: aumentano le persone in fuga, tra pandemia, conflitti e crisi climatica – Nel 2022, un anno segnato da nuovi e vecchi conflitti, ancora una volta dalla pandemia di COVID-19 e dal cambiamento climatico, il numero di persone in fuga ha superato la soglia dei 100 milioni in tutto il mondo. Oltre il 70% di chi lascia il proprio Paese cerca rifugio in uno Stato confinante e solo una piccola parte arriva in Europa. La carenza di canali d’ingresso legali e sicuri costringe le persone in fuga, pur riconosciute e protette dal diritto internazionale, a mettersi nelle mani di trafficanti e ad affrontare viaggi lunghi e pericolosi, seguendo una varietà di percorsi: le due rotte principali di accesso sono state quella del Mediterraneo centrale e quella balcanica. Sono poi milioni le persone che hanno fatto ingresso in UE dall’Ucraina dall’inizio del conflitto e sono circa 170 mila i cittadini ucraini arrivati in Italia entro la fine di settembre 2022.

Il numero di persone in fuga e le richieste di protezione aumentano ovunque. Però le forme di riconoscimento e protezione subiscono una contrazione e una diversificazione che rischiano di creare richiedenti asilo e rifugiati di “serie A” e “B”, mentre chi fugge da disastri ambientali ed effetti del cambiamento climatico ancora fatica a veder riconosciuta il proprio status in assenza di un quadro condiviso.

 Alla metà del 2022 le persone in situazione di sradicamento forzato a livello globale (rifugiati, sfollati e richiedenti asilo) hanno raggiunto per l’ennesima volta una cifra senza precedenti: 103 milioni. Il dato equivale ormai a un abitante del mondo su 77, più del doppio di 10 anni fa (un abitante su 167).

Sempre nel ’21, i disastri climatici hanno sradicato per periodi più o meno prolungati 23,7 milioni di persone. Alla fine dell’anno gli “sfollati ambientali” erano 5,9 milioni.

Si possono ridurre a cinque le “grandi cause” che costringono alla fuga numeri sempre più elevati di persone: guerre (se nel ’22 si è imposta all’attenzione dell’opinione pubblica europea la “vicina” guerra d’Ucraina, il ’21, secondo anno pandemico, ha visto combattere 46 conflitti ignorati dai più, mentre la spesa militare mondiale superava per la prima volta la soglia “psicologica” di 2.000 miliardi di dollari); persecuzioni; disuguaglianze e povertà (fra l’altro con il propagarsi della “nuova disuguaglianza” nell’accesso ai vaccini anti-COVID); fame, sete e cambiamento climatico; ma anche tratta e schiavitù.

Le situazioni di sradicamento protratto riguardano quasi 15.900.000 di persone nel mondo, 200 mila in più rispetto al 2020.

Negli anni è cresciuta la sproporzione fra la popolazione sradicata all’estero e le risposte che la comunità internazionale le offre in termini di “soluzioni durevoli” (rimpatrio, reinsediamento e integrazione nei Paesi di accoglienza): nel 2021 ne hanno beneficiato appena 543 mila rifugiati, meno che negli anni 2016-2018. Ma un livello ancora inferiore si era già toccato già nel 2019 pre-pandemico.

 I 228.240 mila ingressi “irregolari” alle frontiere esterne dell’UE registrati nel ’22 sino a fine settembre, ma anche la tendenza che prospettano per fine anno, rimangono un sottomultiplo dei rifugiati e migranti entrati nell’Unione dalla regione del Mediterraneo durante il 2015 dell’“emergenza” europea: oltre un milione di uomini, donne, bambini.

Nel nuovo rapporto Migrantes, tre tabelle di sintesi fanno il punto su ciò che avviene sulla nuova frontiera esterna della Manica dopo la Brexit e sulla frontiera di terra orientale con la Bielorussia, entrambe semi-dimenticate, iper-presidiate ma sempre teatro di stenti e di morte.

Verso la fine di ottobre 2022 la stima (minima) dei rifugiati e migranti morti e dispersi nel Mediterraneo è poco inferiore alle 1.800 unità. Ancora una volta a pagare il tributo più pesante sono coloro che tentano la traversata del Mediterraneo centrale, sulla rotta che porta verso l’Italia e Malta, dove si sono contati 1.295 morti e dispersi, contro i 172 del settore occidentale e i 295 di quello orientale. In quest’ultimo alcuni gravi incidenti negli ultimi mesi hanno già portato il valore provvisorio del ’22 quasi al triplo di quello totale del 2021 (“solo” 111 fra morti e dispersi). Il 2021, invece, aveva visto crescere le vittime rispetto all’anno precedente in tutti e tre i settori, con un tragico + 57% nel Mediterraneo centrale.

Nel 2021 un aumento impressionante di morti e dispersi si è registrato anche sulla pericolosissima rotta dell’Atlantico occidentale verso le Canarie: dalle 877 vittime stimate nel ’20 alle 1.126 del ’21 (+ 28%). Negli ultimi tre anni, per morti e dispersi la rotta verso l’arcipelago spagnolo si è rivelata più pericolosa anche di quella del Mediterraneo centrale per numero di morti dispersi in rapporto agli arrivi: nelle sue acque si è contata una vittima ogni 20-30 migranti sbarcati.

Il 2021 vanta anche il triste “record” del numero di migranti e rifugiati intercettati dalla cosiddetta “Guardia costiera” libica e ricondotti (o meglio deportati) in un sistema organizzato di miseria, arbitrio, vessazioni, taglieggiamenti e violenze: 32.400 persone contro le 11.900 del 2020. A partire dal 2017, anno del “memorandum Roma-Tripoli”, i “deportati di Libia” sono ormai 104.500 e a partire dal 2016 118 mila.

 La stima globale dei rifugiati con necessità di reinsediamento (resettlement) da precari Paesi di primo asilo nel 2023 supera i due milioni di persone (+ 36% rispetto al 2022).

La stima globale dei rifugiati con necessità di resettlement nel 2021 era pari a 1.445.000 persone. Nell’anno ne sono stati effettivamente reinsediati in tutto il mondo 57.500, il 4% scarso.

Sono 32.289, invece, i rifugiati effettivamente partiti in reinsediamento nei programmi UNHCR nel periodo gennaio-agosto 2022.

 L’applicazione della protezione temporanea per i rifugiati dall’Ucraina: si possono trarre insegnamenti per la politica europea in materia di asilo? – All’inizio del marzo 2022, l’attivazione della direttiva 2001/55/CE sulla protezione temporanea a favore delle persone fuggite dalla guerra in Ucraina ha costituito un passo importante verso un sistema di protezione più umano. Ma non bisogna dimenticare il pericoloso doppio standard dell’Europa in materia d’asilo. Non solo la politica repressiva dell’Europa nel settore è ancora in pieno svolgimento (basti pensare alla situazione fra Grecia e Turchia, in Libia ecc.). Vi è notizia di squallidi incidenti discriminatori ai danni delle persone di colore al confine tra Ucraina e UE. Mentre solo pochi mesi fa i richiedenti asilo non europei bloccati nelle gelide foreste al confine tra Polonia e Bielorussia sono stati usati come pedine politiche dal leader bielorusso Lukashenko e poi disumanizzati come “attacco ibrido” dai leader dell’UE. Così, è assolutamente necessario sfruttare lo slancio unitario in materia di asilo dimostrato nel contesto dell’Ucraina per rimodellare e riorientare gli sforzi politici verso una maggiore condivisione delle responsabilità tra gli Stati membri dell’Unione. Il fatto che l’Europa sia in grado di assorbire e integrare ampi movimenti di rifugiati invita anche a ripensare e ad abbandonare i discutibili accordi con Paesi terzi e le pratiche illegali alle frontiere volte a tenere fuori i rifugiati.

L’Unione Europea “allargata” ha visto fino alla fine di settembre 2022 10 milioni di ingressi di profughi dall’Ucraina dai soli quattro Paesi membri confinanti (ma anche, peraltro, 6,3 milioni di rientri più o meno stabili) e ha registrato oltre quattro milioni di profughi per il riconoscimento della protezione temporanea attivata dal Consiglio Europeo lo scorso 4 marzo.

Tra fine settembre-inizio ottobre 2022, la Polonia accoglieva più di 1.400.000 rifugiati dall’Ucraina (primo Paese UE), ma oltre un milione si trovavano in Germania. Molto più ridotti i numeri dell’Italia, 171 mila circa.

In meno di sei mesi, da marzo ad agosto 2022, i soli 27 Paesi membri dell’UE hanno riconosciuto almeno 2.842.000 protezioni temporanee.

 Il ritorno dei muri e dei confini nell’Europa di oggi – La proliferazione delle barriere anti-migranti – ben 19 quelle che delimitano tratti di confine esterni ma anche interni alla “zona Schengen”, tutte erette negli ultimi 20 anni – solleva numerose problematiche giuridiche in materia di rispetto dei diritti fondamentali: la principale è quella legata al diritto di accesso alla protezione internazionale. Anche se va riconosciuto che la Commissione Europea si è opposta alle richieste di diversi Stati membri di poter utilizzare fondi dell’Unione per la costruzione di queste barriere di confine, il suo l’operato su una delle più grandi questioni politiche che dilaniano l’Europa è stato debole o inesistente. Ma anche l’irrazionalità di alcune proposte avanzate dall’attuale Commissione presieduta da Ursula von der Leyen, insieme alla visione complessiva che le sorregge, è un segno inquietante di un’involuzione del processo di costruzione del sistema comune di asilo nell’UE.

 Gli ultimi anni hanno visto in netta crescita gli attraversamenti “irregolari” delle frontiere esterne dell’UE dai Balcani occidentali: dai 5.900 del 2018 ai 106.400 dei primi nove mesi di questo 2022, anche se la cifra, nel complesso, riflette i ripetuti, faticosi tentativi compiuti spesso da singole persone.

Nel rapporto, tre tabelle e un grafico descrivono da un lato l’enormità del fenomeno dei respingimenti attuati alle frontiere e dichiarati dagli Stati balcanici membri dell’UE (Slovenia, Croazia, Ungheria, Romania e Bulgaria) e dall’altro l’esiguità dei sistemi d’asilo in almeno tre di essi: la Croazia, la Slovenia e soprattutto l’Ungheria di Viktor Orbán, che nel 2021 ha riconosciuto una forma di protezione ad appena 40 richiedenti asilo.

Un focus sui respingimenti illegittimi (pushback) diretti o indiretti raccoglie i dati delle fonti più autorevoli relativi alle varie frontiere esterne e interne dell’Unione. Una cifra per tutte: l’OIM conta almeno 252 rifugiati e migranti che hanno perso la vita in azioni realizzate dalle autorità europee e denunciate dai sopravvissuti come pushback fra il 2021 e l’ottobre 2022.

 Nel 2021 hanno chiesto asilo per la prima volta nel territorio dell’Unione Europea circa 537 mila persone: + 29% rispetto al 2020. E il primo semestre ’22 vede già 365 mila richiedenti, contro i 201 mila dello stesso periodo del ’21.

La Siria (circa 99 mila richiedenti nel ’21) e l’Afghanistan (85 mila) sono ormai da anni le cittadinanze principali delle persone che cercano protezione nell’UE. A seguire, nel 2021, Irak, Pakistan, Turchia, Bangladesh, Venezuela, Somalia, Marocco e Colombia.

Rispetto al 2020, il 2021 ha visto nel territorio dell’Unione Europea un numero di decisioni in prima istanza sui richiedenti asilo di poco superiore (circa 524 mila contro 521 mila), ma una diminuzione di decisioni positive (202 mila contro 212 mila), registrando dunque un tasso di riconoscimento pari al 38,5%, contro il 40,7% dell’anno prima.

Sempre nel ’21 l’UE ha garantito protezione a 274 mila richiedenti (riconoscimenti dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria o umanitaria fra prima istanza e istanza finale su ricorso). Ma anche questo dato complessivo è in calo rispetto ai due anni precedenti.

 Dal 2020 all’ottobre 2022 il Voluntary relocation scheme della Commissione Europea ha permesso di ricollocare dalla Grecia 5.001 fra richiedenti asilo “vulnerabili”, minori non accompagnati e rifugiati riconosciuti.

Nello stesso periodo, sporadiche operazioni a favore dell’Italia hanno realizzato la relocation di poco più di 800 persone.

  Quattro tabelle e un grafico fanno il punto sulla “contabilità” recente del farraginoso meccanismo (regolamento “Dublino III”) con il quale l’Unione Europea continua a stabilire lo Stato membro (o “associato”) competente per l’esame di un richiedente asilo.

Nel 2021 il Paese che ha effettuato più trasferimenti “Dublino” di richiedenti asilo è la Francia (3.145), seguita dalla Germania. Quest’ultima è stata invece il principale Paese ricevente (4.274 richiedenti ricevuti), seguita dall’Italia (1.525 secondo Eurostat e 1.468 secondo il Viminale).